Le nozze di Cana
Tre giorni dopo, si fecero delle nozze in Cana di Galilea, e la madre di Gesù si trovava là. Or anche Gesù fu invitato alle nozze con i suoi discepoli. Essendo venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino» ... (Giovanni 2:1-10)
“In verità, in verità io vi dico che da ora in poi vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il figlio dell’uomo” (Giovanni 1:51). Dopo avere incontrato i primi discepoli con queste parole Gesù annuncia l’inizio del suo ministerio. Tre giorni dopo lo ritroviamo a Cana di Galilea a un banchetto di nozze con Maria, sua madre, e i discepoli. “Essendo venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno più vino”. La sollecitudine di Maria indica operosità e generosità, due qualità essenziali per una donna virtuosa; ella ha percepito un bisogno che non è solo materiale a causa della rilevanza sociale di quell’evento e desidera che quel giorno di letizia non sia offuscato dal dispiacere degli sposi. “Gesù le disse: Che cosa c’è tra te e me, o donna? L’ora mia non è ancora venuta”. Sono dure parole. Qualche commentatore rileva che la stessa espressione viene usata dall’evangelista Marco nell’episodio dell’indemoniato gadareno per rappresentare la distanza abissale tra la realtà infernale e la natura divina del Cristo: “Che c’è tra me e te, Gesù Figlio del Dio Altissimo?” (5:7). Questo accostamento ci fa rabbrividire ma nel contempo ci consente di percepire l’infinita, profonda e completa separazione tra l’uomo e Dio prima dell’adempiersi del sacrificio di Gesù e ci svela in qualche modo la meraviglia del frutto di questo evento. Maria era una donna pia, scelta da Dio per contenere e partorire l’umanità del Cristo, Gesù la onora e rispetta questo suo ruolo, e quando sarà sulla croce la affiderà a Giovanni perché non sia abbandonata alla solitudine, tuttavia mette una netta distanza tra se stesso e lei, poiché Egli è il Signore. Non è accettabile alcuna interferenza o mediazione, non c’è ancora possibilità di preghiera o di supplica poiché il Cristo non si è ancora rivelato al mondo e le sue azioni riguardo ai tempi e ai modi del suo manifestarsi concernono una Volontà già decretata. “C’è un tempo stabilito per ogni cosa e per ogni opera”, così recita l’Ecclesiaste di Salomone (3:17). In un altro momento Gesù dirà ai fratelli che lo invitano ad andare alla festa dei tabernacoli per essere riconosciuto pubblicamente: “Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto”(Giovanni 7:6). C’è una distanza incolmabile tra il tempo di Dio e il tempo dell’uomo; le azioni di Gesù sono scandite da una volontà sovrana e inimitabile rispetto a ogni metro umano di valutazione, poiché risulta dall’intelligenza, conoscenza e saggezza di Dio. Gesù conosce gli eventi lontani nel tempo e nello spazio, come già ha rivelato poco prima a Natanaele che aveva visto sotto il fico: “Abbiamo trovato il Messia”, Andrea aveva annunciato quel giorno a Simon Pietro. “Maestro, tu sei il Figlio di Dio; tu sei il re d’Israele” aveva esclamato Natanaele (Giovanni 1:41; 49). Fu evidente allora che presto sarebbe giunta la circostanza opportuna in cui il Cristo si sarebbe manifestato attraverso un segno inconfutabile. L’episodio della trasformazione dell’acqua in vino è narrato soltanto da Giovanni che intende testimoniare con il suo Vangelo essenzialmente la rivelazione della divinità del Cristo. Al di là delle parole da lui pronunciate, Maria percepisce che Gesù opererà quindi si rivolge ai servi che certamente conosce: “Fate tutto quello che Egli vi dirà”. Il maestro della festa dopo avere assaggiato l’acqua tramutata in vino chiamò lo sposo e gli disse: “Ogni uomo presenta all’inizio il vino migliore e, dopo che gli invitati hanno copiosamente bevuto, il meno buono; tu invece, hai conservato il buon vino fino ad ora”. Tutto è avvenuto senza clamore, con lo stupore di pochi, solo i servi conoscono la provenienza del vino e restano in silenzio. A una lettura superficiale questo primo segno potrebbe sembrare poco rilevante se paragonato ai miracoli di guarigione ma così non è se pensiamo al significato simbolico assunto dal vino e dalle nozze nella Scrittura. Un grande tralcio con un grappolo d’uva portarono gli esploratori dalla terra promessa (Numeri 13:23); il vino è offerto dalla sapienza a chi vuole essere saggio (Proverbi 9:5). “Io sono la vera vite e il Padre mio è l’agricoltore” dirà Gesù (Giovanni 15:1). La Parola annuncia e celebra le nozze dell’Agnello: “Questo mistero è grande, or lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa”, scrive Paolo in Efesini (5:32). L’identità messianica di Gesù al banchetto di Cana si rivela dirompente e Giovanni conclude: “Gesù fece questo inizio di segno in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. L’evento prodigioso è accaduto al momento giusto, l’obiettivo vero e profondo è stato raggiunto: la fede dei discepoli. Per loro l’attesa è finita, il Messia è giunto, inizia l’avventura di un cammino verso l’ignoto ma attraversando stupori e meraviglie. Egli mutò la qualità di una materia semplice e comune rendendola eccellente e preziosa, similmente diede inizio a una trasformazione spirituale irreversibile in cui la natura di uomini semplici e comuni è destinata a divenire eccellente e preziosa per la gloria del Figlio di Dio. Alle nozze di Cana, la’ eravamo anche noi.