Due innamorati distesi su un prato

Meditazione dal "Cantico dei Cantici"

Il mio diletto mi ha parlato e mi ha detto: «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Poiché, ecco, l'inverno è passato, la pioggia è cessata, se n'è andata. I fiori appaiono sulla terra, il tempo del cantare è giunto, e nel nostro paese si ode la voce della tortora. Il fico mette fuori i suoi fichi acerbi, e le viti in fiore diffondono una soave fragranza. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni» (Cantico dei Cantici 2:10-13)

E’ un amore che possiede ma non completamente, è un amore che desidera: “Attirami a te!” invoca la Shulammita (1:4). E’ un dialogo della presenza e dell’assenza, in cui l’uno e l’altra, lo sposo e la sposa si alternano senza soluzione di continuità. È un rincorrersi dei simboli presenti nei Vangeli e in tutta la Scrittura, una esemplificazione di ciò che è significante e fondante nel rapporto tra Dio e il suo popolo, tra Cristo e la sua chiesa. Lui dice: “Io sono la rosa di Sharon, il giglio delle valli” (2:1), Cristo è il fiore più bello delle fertili terre circostanti il Carmelo, dove sbocciano grandi e colorati, effondendo nell’aria profumi inebrianti. Ma anche lei è “come un giglio tra le spine”, le altre fanciulle (2:2). Si susseguono espressioni di ammirazione reciproca e di reciproco amore. “Come un melo tra gli alberi del bosco così è il mio diletto tra i giovani” (2:3). L’albero con il suo frutto, buono o cattivo, è immagine ricorrente nelle parole di Gesù che dirà: “L’albero si conosce dal frutto” (Matteo 12:33). “O sposa mia, le tue labbra stillano come un favo di miele” (4:11). Dalle labbra emerge il sentimento del cuore, buono o malvagio, dolce o amaro, Gesù ha spiegato più volte, “la bocca parla dall’abbondanza del cuore” (Matteo 12:34). E’ un amore profondo ma ancora si svolge nel tempo e dunque si alimenta dell’assenza, della momentanea separazione, il desiderio stesso rivela la distanza. Tutta la Scrittura è un canto che celebra il desiderio di una unione d’amore perfetta, tra Dio e i suoi redenti, che si realizzerà compiutamente alla fine dei tempi, nell’eternità. “Questo mistero è grande”, scrive Paolo, “or dico in riferimento a Cristo e alla chiesa” (Efesini 5:25-27). Il fascino di questo mistero insondabile è sotteso alle parole di Gesù: “Potete voi far digiunare gli intimi amici dello sposo, mentre lo sposo è con loro?” (Luca 5:34). “La mia colomba, la mia perfetta è unica” (6:9), dice lo sposo del Cantico, “senza alcun difetto”. Cristo l’ha purificata mediante la sua Parola perché potesse comparire davanti a lui “senza macchia e senza ruga, santa e irreprensibile” (Efesini 5:27). In Osea si legge: “Ti fidanzerò a me per l’eternità,” dice l’Eterno, “si, ti fidanzerò a me in giustizia, in equità, in benignità e in compassioni” (2:19). Questo è il desiderio di Dio fin dalle origini della creazione, l’unione nella somiglianza del cuore, e nel Cantico non si distinguono gli sposi, poiché entrambi sono un giardino con frutti squisiti, “un pozzo di acque vive e ruscelli che scaturiscono dal Libano” (4:15). Questa immagine esprime nelle parole di Gesù il traboccare della Grazia nel cuore del credente: “Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, da dentro di lui sgorgheranno fiumi d’acqua viva” (Giovanni 7:38). E’ un amore esclusivo: “La mia sorella, la mia sposa, è un giardino chiuso, una sorgente chiusa, una fonte sigillata” (4:12). Più avanti è scritto: “Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio; poiché l’amore è forte come la morte, la gelosia è dura come lo Sceol. Le sue fiamme sono fiamme di fuoco, una fiamma ardente” (8:6). Così Paolo ai Corinzi: “Io sono geloso di voi della gelosia di Dio, perché vi ho fidanzati a uno sposo, per presentarvi a Cristo come una casta vergine (II 11:2). L’Eterno ha annunciato al suo popolo di essere il suo eletto tra le nazioni, e ha interdetto loro la presenza di idoli. È un reciproco possesso esclusivo ed Egli si è presentato: “Poiché l’Eterno, il tuo Dio, è un fuoco consumante, un Dio geloso” (Deut 4:24). In una poetica suggestione sono nascoste le verità del messaggio divino, il sigillo dello Spirito Santo è impresso sul cuore e sulla fronte degli eletti di Dio, della sposa di Cristo, come fu al tempo della liberazione dalla schiavitu’ d’Egitto il sangue dell’agnello sparso sugli stipiti delle porte come segno di elezione. Paolo in II Corinzi (1:22): “Or colui che ci conferma assieme a voi in Cristo e ci ha unto è Dio, il quale ci ha anche sigillati e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori”. “Levati, aquilone, e vieni, austro,” dice la sposa, “soffia nel mio giardino, e i suoi aromi si effondano” (4:16). Lo Spirito è assimilato al vento, quando lo Spirito scese sugli apostoli fu come “un vento impetuoso che soffia, e riempi’ tutta la casa dove essi sedevano” (Atti 2:2). È un amore incrollabile, un fuoco che niente può affievolire: “Le grandi acque non potrebbero spegnere l’amore, ne’ i fiumi sommergerlo” (8:7). Dirà Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” “Infatti, io sono persuaso che ne’ morte ne’ vita ne’ angeli ne’ principati ne’ potenze ne’ cose presenti ne’ cose future, ne’ altezze né profondità, ne’ alcun’altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8:35-39). Siamo i destinatari immeritevoli dell’elezione divina, delle cure costanti e amorevoli del nostro Signore: “La mia vigna che è mia, sta davanti a me”, dichiara lo sposo del Cantico. Egli non l’affida ad altri, come il re Salomone, la cura personalmente con un amore smisurato e immutabile. La vigna è protagonista di diverse parabole, sappiamo che Gesù stesso è la vigna e i credenti sono i tralci che traggono da essa linfa vitale e nutrimento (Giovanni 15:1-8). La sposa è Gerusalemme, la città celeste. “Se è un muro”, dice lo sposo, “costruiremo su di lei un palazzo d’argento; se è una porta, la rafforzeremo con tavole di cedro” (8:9). In Apocalisse si celebreranno con esultanza e giubilo le nozze dell’Agnello poiché la sua sposa si è preparata. “E le è stato dato di essere vestita di lino finissimo, puro e risplendente, poiché il lino finissimo sono le opere giuste dei santi (19:8). Saremo a Lui uniti indissolubilmente, siamo stati tratti da Lui, spiritualmente, e a Lui torneremo come parte di Lui. Questo destino è per noi irrinunciabile, partecipare della gloria del Re dei Re, amati per l’eternita’ perché siamo il suo stesso corpo. Giovanni nella sua visione, vede la città santa scendere dal cielo: “E il suo splendore era simile a quello di una pietra preziosissima, come una pietra di diaspro cristallino. Essa aveva un grande e alto muro con dodici porte”(Apocalisse 21:11-12), le tribù di Israele. Negli ultimi tempi la sposa è intenta a prepararsi per il glorioso giorno delle nozze e più vicina è la meta più il desiderio diventa invocazione. Il Cantico si conclude: “Fa’ presto, mio diletto” (8:14) e l’Apocalisse si conclude: “Si, vengo presto. Amen!” “Si, vieni, Signore Gesù “ (Apocalisse 22:20).

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